ricerca & sviluppo, radiografia di un paese a tre velocità 10/5/2006 - il sole 24 ore sud il sud intercetta il 13,1% della spesa naziona

Ricerca & Sviluppo, radiografia di un Paese a tre velocità
10/5/2006 - Il Sole 24 Ore
SUD
Il Sud intercetta il 13,1% della spesa nazionale in ricerca e sviluppo
mentre in proporzione il numero di distretti tecnologici è nettamente
superiore al quadro nazionale.
Meno incoraggianti sono invece i dati sul numero di centri e
laboratori e sulla qualità della ricerca. Secondo i dati che l’Istat
ha diffuso lo scorso marzo, nel 2003 (ultimo anno per il quale sono
disponibili valori ufficiali) al Sud sono stati investiti circa 2
miliardi a fronte dei 14,7 dell’intera nazione. Sono soprattutto le
università a investire (1,14 miliardi che corrispondono al 22,8% del
totale nazionale), seguite dalle amministrazioni pubbliche (317
milioni).
L’apporto dei privati, è molto esiguo. Le aziende hanno impiegato 559
milioni (le sole imprese della Lombardia investono oltre 2,1
miliardi), appena l’8,1% del totale nazionale, mentre gli istituti
privati non profit si sono fermati a 13,7 milioni. Sul piano
regionale, per quanto riguarda la spesa realizzata da imprese ed enti
intra muros, cioè con proprio personale e attrezzature, primeggia la
Campania (915 milioni investiti), seguono Sicilia (590 milioni) e
Puglia (365 milioni). Decisamente meno rilevanti Calabria (116
milioni) e Basilicata (48 milioni). Secondo il Ministero d’Istruzione,
Università e Ricerca, su un totale di 49 Centri di eccellenza attivi
presso le università italiane, 14 hanno sede al Sud. Di questi ultimi,
8 svolgono ricerche il cui ambito d’azione ha ricadute più o meno
dirette sul manifatturiero. Per quanto riguarda il numero dei
Distretti tecnologici, al Sud sono 10 rispetto ai 13 del resto
d’Italia. Infine, su un totale nazionale di 2.108 laboratori
accreditati al Miur, appena 473 hanno sede a Sud del Lazio. Anche i
ricercatori attivi al Mezzogiorno sono meno di un quinto del totale
nazionale. Gli industriali meridionali chiedono vantaggi fiscali per
chi innova e intanto puntano a rafforzare le partnership in corso con
le Università.
CENTRO-NORD
Il Centro-Nord pesa per un quinto sull’intera spesa nazionale in
ricerca e sviluppo. È quanto si evince dai dati che l’Istat ha diffuso
lo scorso marzo e relativi al 2003 (ultimo anno per il quale sono
disponibili valori ufficiali) secondo i quali nelle quattro regioni
dell’area sono stati spesi 2,8 miliardi, pari al 19% dei 14,8 miliardi
spesi nell’intero Paese.
In questo quadro, l’apporto dei privati e in particolar modo delle
imprese risulta determinante: 1,28 miliardi spesi contro i 278 milioni
in arrivo dalle amministrazioni pubbliche. Le imprese
emiliano-romagnole, in particolare, hanno speso 818 milioni, più del
doppio di quelle toscane (319 milioni) e il 65% circa dell’intera
spesa sostenuta dalle aziende del Centro-Nord. Proprio dal mondo
dell’impresa arrivano quindi richieste per un maggior impegno da parte
delle amministrazioni regionali e del Governo per sostenere lo sforzo
d’innovazione che pure, in questi anni, qualche risultato lo sta
producendo. Complessivamente, infatti, in Emilia-Romagna, Marche,
Toscana e Umbria sono attivi 567 laboratori pubblici e privati
riconosciuti dal Miur, pari al 26,9% del totale nazionale. I
ricercatori, inoltre, hanno raggiunto quota 21.300 pari al 20% del
totale italiano.
Il tutto contribuisce a definire una situazione tale per cui l’area si
pone all’avanguardia nel panorama nazionale, pur non avendo né la
forza di una regione come la Lombardia che da sola ha 20mila addetti
che si occupano di R&S all’interno dei laboratori sul territorio, né
la ricerca industriale del Piemonte. Nonostante ciò, imprese e mondo
accademico devono ancora trovare la quadratura del cerchio per unirsi
adeguatamente nello sforzo in ricerca e sviluppo, ma riconoscono, allo
stesso tempo, che la cosa può e deve avvenire con un adeguato supporto
da parte delle amministrazioni regionali e dello Stato.
NORD-EST
I fondi destinati alla ricerca da parte di enti, istituzioni, imprese
e privati rimangono esigui. Nell’intero Nord-Est nel 2003 (ultimo dato
Istat disponibile) si sono fermati a 1,3 miliardi di euro. Nonostante
questo però, la ricerca e l’innovazione trovano, proprio nel
Triveneto, terreno fertile per svilupparsi.
Sono decine i centri di ricerca nelle tre regioni, laboratori
d’eccellenza, magari poco conosciuti, ma estremamente efficienti. In
particolare, sono quattro i campi in cui il Nord-Est sta primeggiando
a livello europeo: le nanotecnologie, la ricerca biomedicale,
l’innovazione nell’ambito dell’energia pulita e la ricerca applicata
ai prodotti manifatturieri. Da Veneto Nanotech al distretto
dell’Idrogeno, dai parchi scientifici veneti all’ITC di Trento,
dall’Area Science Park di Trieste al laboratorio ingegneristico di
Sàfilo, i centri di ricerca sono riusciti negli anni a mettere
d’accordo pubblico e privato. Non solo: i centri nordestini riescono
anche ad attrarre talenti stranieri, studiosi e ricercatori che qui
trovano la possibilità di studiare e specializzarsi. Come nel caso di
Emile Knystautas, canadese di nascita e veneziano d’adozione, divenuto
direttore scientifico di Veneto Nanofab, la nano fabrication facility
del distretto veneto per le nanotecnologie.
Qualcosa che non va, però, c’è: nell’ambito della ricerca manca un
sogno comune, una visione strategica che faccia crescere l’area e che
attiri i giusti finanziamenti, in particolare dalle merchant bank. Lo
mettono in evidenza il mondo imprenditoriale e quello universitario.
«Per attirare risorse - dicono gli imprenditori - va potenziata la
ricerca senza padroni, quella pre-competitiva. Anche per questo
andrebbe razionalizzato l’apporto delle banche».
NORD-OVEST
Sono quasi 500 i centri che fanno ricerca nel Nord-Ovest. Con
differenze marcate da regione a regione: si parte dai 362 piemontesi
per passare al centinaio esistenti in Liguria, fino ad arrivare in
Valle d’Aosta e non trovarne neanche uno. Per il momento però la
Confindustria regionale ha predisposto uno studio di fattibilità per
realizzare un centro di competenza tecnologica finanziato con risorse
delle imprese del terziario avanzato.
Gli imprenditori del Nord-Ovest, del resto, sembrano avere sempre più
fiducia nella ricerca e nella collaborazione con i centri. In
Piemonte, per esempio, è grande l’aspettativa per gli effetti della
nuova legge regionale sul settore che, tra l’altro, premierà i
progetti in grado di aggregare soggetti diversi e di creare sinergie.
In Liguria, invece, le aspettative sono riposte nel futuro distretto
tecnologico. Quel che sembra più importante, dopo anni in cui
ricercatori e imprese percorrevano strade divergenti, è che finalmente
i due mondi hanno iniziato a parlarsi.
Intanto, la spesa in ricerca e sviluppo si attesta, nell’area, sopra i
2,2 miliardi (dati 2003, appena diffusi dall’Istat). La parte del
leone la fa il Piemonte, che spende 1,751 miliardi per l’attività
svolta da imprese ed enti pubblici "intra muros", ossia con proprio
personale e proprie attrezzature. Nel 2005 il dato del Piemonte (che
spende in R&S circa l’1,7% del Pil), è ulteriormente cresciuto. Sfiora
i 2 miliardi, secondo le stime dell’Unione industriale, che, sulla
ricerca, sta approntando un dossier da cui emerge che solo nel 32% dei
laboratori sono in corso attività legate alla ricerca industriale.
In Liguria motore della ricerca è l’università: il valore dei
contratti acquisiti dai docenti cresce del 10% all’anno; un terzo dei
contratti è firmato con l’impresa. Secondo Giampaolo Vitali del
Ceris-Cnr, le basi ci sono, ma va affinato il modo di mettersi
assieme. Da qui la proposta: creare un forum permanente
sull’innovazione.

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