il vaticano e lemigrazione nelle americhe matteo sanfilippo le ricerche negli archivi ecclesiastici romani hanno ormai chiarito come

Il Vaticano e l'emigrazione nelle Americhe
Matteo Sanfilippo
Le ricerche negli archivi ecclesiastici romani hanno ormai chiarito
come sin dal Seicento la Santa Sede intuisca il peso degli emigranti
nell’evoluzione delle Americhe. In particolare gli uffici di Curia
capiscono rapidamente che la lotta per il controllo delle coscienze
nel Nuovo Mondo si gioca sui coloni europei e non sugli autoctoni,
perché i secondi sono sconfitti e in calo demografico, mentre i primi
sono destinati ad aumentare. La colonizzazione del continente
americano presenta, però, agli occhi dei burocrati romani un intrico
difficilmente padroneggiabile di varianti militari, politiche e
religiose. Inizialmente le potenze iberiche detengono l’assoluto
monopolio politico e militare dei nuovi territori e, dal punto di
vista religioso, devono soltanto concertare con Roma le modalità
dell’evangelizzazione degli indigeni. Persino la Riforma non mette in
discussione tale egemonia, perché la Spagna domina il Nuovo Mondo e i
tentativi sporadici degli inglesi o degli ugonotti francesi non
portano a risultati apprezzabili, pur suscitando qualche
preoccupazione a Madrid o a Roma. Nel primo Seicento invece inglesi,
olandesi e svedesi irrompono sulla scena americana con proprie
colonie. La vera questione diventa allora come mantenere la fede degli
emigranti cattolici e come convertire, dove e se possibile, quelli
riformati: a Roma si è infatti compreso che la Spagna sta perdendo
terreno, che la Francia gioca una propria partita e non rispetta i
dettami romani, che le popolazioni indigene sono paurosamente
diminuite e soprattutto che caleranno ancora di numero sin quasi a
sparire1.
Grosso modo dal secondo quarto del Seicento possiamo trovare nella
documentazione della Santa Sede una vasta casistica legata ai nuovi
imperativi. Il gioco è relativamente facile quando si tratta di
gestire colonie abbastanza piccole e soprattutto ben distanziate: la
convivenza di cattolici e protestanti è in esse assai ridotta, le
potenze cattoliche si preoccupano in prima persona di non farvi
entrare elementi riformati e i gruppi di coloni sono distinti in base
alla loro origine. Sennonché il tessuto coloniale si infittisce e il
più intenso popolamento genera frizioni. Dopo pochi decenni nelle
Antille convivono, talvolta sulla stessa isola, comunità di diversa
origine e contrapposta appartenenza religiosa2. Inoltre nelle colonie
iberiche del continente si registra una presenza ebraica e
un’immigrazione non spagnola, né portoghese3. Infine il rapido mutare
della congiuntura militare e diplomatica porta alcune colonie
cattoliche a essere inglobate pacificamente nel continuum riformato (è
il caso del Maryland, fondato da un aristocratico cattolico, ma
saldamente inserito nella colonizzazione inglese del Nord America),
oppure a essere conquistate. I primi grandi interrogativi sul futuro
della Chiesa cattolica nel subcontinente settentrionale nascono alla
fine della guerra dei Sette Anni, quando i francesi cedono il Canada
agli inglesi e i coloni cattolici di quelle regioni sono sottomessi ad
autorità protestanti. Per decenni Roma continuerà a chiedersi se la
fede dei discendenti dei primi coloni francesi possa sopravvivere in
così avverse condizioni4.
Proprio i rivolgimenti del secondo Settecento schiudono invece
insospettate possibilità per la Chiesa romana. La Gran Bretagna,
scossa dalla Rivoluzione americana, offre ai sudditi canadesi,
rimastile fedeli, una inaspettata tolleranza religiosa; a loro volta i
neonati Stati Uniti optano per la libertà di culto. Certo la
situazione non è del tutto pacifica, perché la maggioranza e comunque
i ceti dirigenti sono protestanti e non vedono di buon occhio i
cattolici. Inoltre questi ultimi sono divisi dalla lingua e iniziano a
combattersi con straordinaria rapidità per determinare la scelta di
parroci e vescovi 5. Soprattutto nel subcontinente settentrionale,
l’universo cattolico è assai variegato e il sovrapporsi di vecchie e
nuove migrazioni porta a un incredibile e conflittuale intreccio di
lingue e di tradizioni. Nel 1785 Charles M. Whelan, un cappuccino
attivo a New York, scrive a Roma che in quella città servono preti in
grado di parlare il gaelico, il francese, l'inglese e l'olandese e
aggiunge che non farebbe male avere anche un'infarinatura di spagnolo
e portoghese6. Nell’arco di poco tempo i differenti gruppi linguistici
precisano, però, di non voler parroci poliglotti e chiedono propri
sacerdoti e propri templi. È l’inizio di una lunga querelle che in
meno di un secolo porta la Chiesa ad accettare il principio della
separazione fra le componenti linguistiche del cattolicesimo
nordamericano7.
Nel frattempo anche il Sud America si è distaccato dalle madrepatrie
iberiche e ha visto nascere regimi rivoluzionari che vogliono comunque
godere del diritto di padronato sulla Chiesa e che al contempo sono
contrassegnati da forti venature anticlericali e massoniche8. Inoltre
ha iniziato a esperire le prime massicce immigrazioni di non iberiche,
subendo divisioni non diverse da quelle nordamericane9. Di fondo,
almeno nell’Ottocento, la situazione appare migliore nel Nord America
protestante, dove i missionari italiani scoprono un mondo non del
tutto sfavorevole allo sviluppo di comunità cattoliche. Il gesuita
Giovanni Antonio Grassi vive negli Stati Uniti dal 1810 e dirige con
successo il collegio di Georgetown nel Maryland 10. Nel 1817 rientra a
Roma per riferire sulla Chiesa statunitense, ma poi non abbandona più
la Penisola, divenendo prima confessore dei Savoia e poi rifondatore
della Compagnia a Torino, a Napoli e a Roma. In Italia pubblica un
libricino sugli Stati Uniti, nel quale analizza l’afflusso di
immigranti e sottolinea quanto la religione cattolica vi sia favorita,
mentre in Europa è assoggettata al potere politico11.
In questa situazione l’emigrazione garantisce alla Chiesa cattolica un
forte incremento del numero dei fedeli nordamericani. Ai funzionari
romani appare, però, chiaro che non bisogna rinunciare a combattere le
pretese protestanti o anticlericali e le fiammate anticattoliche dei
nativisti e degli stessi esuli europei. Tra il 1830 e il 1870 le due
Americhe ospitano molti italiani ed europei esiliati oltre oceano per
le loro idee politiche. Secondo il clero cattolico, questi nuovi
arrivati rischiano d'infettare gli animi degli altri emigranti e
stringono rapidamente alleanza con gli anticlericali o i protestanti
locali.
Dopo il 1840 la nunziatura apostolica in Brasile affronta
contemporaneamente i due pericoli. Da un lato, combatte la propaganda
dei patrioti in esilio, che per altro in molti casi sono stati inviati
in America latina proprio dal papa12. Dall'altro, l'internunzio
Gaetano Bedini scopre nel 1846 una "colonia" tedesca insediatasi a
Petropoli e domanda ai superiori di assicurarle sacerdoti di lingua
germanica, altrimenti essa si rivolgerà a missionari protestanti. La
vicenda coinvolge la Segreteria di Stato, Propaganda Fide, la
gerarchia ecclesiastica brasiliana, le locali missioni di cappuccini e
persino la nunziatura a Vienna, dove Bedini è stato uditore e alla
quale si rivolge per trovare aiuto13. La corrispondenza dal Brasile ha
una discreta risonanza negli ambienti ecclesiastici romani ed europei.
Un lunghissimo rapporto alla Segreteria di Stato, di poco posteriore,
sottolinea come l’impero brasiliano sia ormai meta di un flusso
continuo di emigranti, partiti per ragioni economiche o politiche, e
suggerisce che vi vadano prelati in grado di parlare più lingue14.
Allo stesso tempo due associazioni assistenziali di lingua tedesca (la
Ludwigsverein di Monaco e la Leopoldine Stiftung di Vienna)
s’interessano concretamente ai connazionali oltreoceano e intessono un
fitto scambio epistolare con Roma e le diocesi sud e nordamericane,
finanziando le attività missionarie nelle due Americhe15.
Nel 1853-1854 Bedini, nuovamente diretto in Brasile, si ferma negli
Stati Uniti e nel Canada e redige numerose lettere sugli europei che
hanno varcato l’Atlantico, sulla loro integrazione al di là
dell’oceano e sulla necessità di assisterli. In tale occasione rileva
come il pericolo non sia più la propaganda protestante, quanto quella
dei movimenti nativisti e degli esuli quarantottardi, tanto più che i
due fronti si saldano per contestare il viaggio del nunzio e per
condannare il papa che ha contribuito alla sconfitta dei moti del
1848-184916. A questo punto la difesa della presenza cattolica nelle
Americhe e della fede degli emigrati si lega, secondo Bedini, a quella
dei diritti del pontefice e soprattutto del potere temporale. Secondo
lui, il futuro di Roma si gioca su tanti fronti e uno di questi è
quello americano, dove un aspetto importante della lotta è la disputa
per il controllo degli immigrati. Gli spunti delle lettere sono poi
ripresi da l nunzio in due rapporti per il cardinale segretario di
stato e il cardinal prefetto di Propaganda17.
Il 20 luglio 1854 Bedini, tornato in Italia, invia al cardinale
Giacomo Antonelli, segretario di stato di Pio IX, un rapporto redatto
in due versioni, una più lunga e una più breve18. La prima è per
Propaganda Fide, la seconda per la Segreteria di Stato19. Nel rapporto
più articolato il diplomatico spiega che nonostante una permanenza di
sette mesi non ha potuto verificare ogni dettaglio della situazione
nordamericana, anche per la resistenza degli emigrati politici che
hanno boicottato il suo viaggio. In ogni caso la condizione cattolica
gli pare buona. Negli Stati Uniti, su una popolazione di ventiquattro
milioni, tre milioni sono cattolici contro quasi altrettanti di
protestanti. Il resto è composto da agnostici che non si interessano
alla religione; inoltre i protestanti non sono particolarmente
vigorosi nel campo intellettuale e scolastico. Il solo pericolo è
generato dal fanatismo di alcune organizzazioni protestanti; tuttavia
lo stato protegge proprietà e libertà dei cattolici. Per di più
l’estremismo riformato caratterizza i soli ceti inferiori, mentre
quelli superiori ammirano i vescovi cattolici, anche se a un cattolico
non offrirebbero mai possibilità di riuscita pari a quelle di un
protestante. Questo è un problema soprattutto a livello politico, dove
i cattolici non hanno la possibilità, né la forza, per occupare le
cariche più importanti.
Bedini continua spiegando che i cattolici stanno aumentando grazie
all'immigrazione tedesca e irlandese. La sola emigrazione non può,
però, garantire la crescita del cattolicesimo, perché molti, persino
tra gli irlandesi, perdono la fede appena arrivati. I vescovi fanno il
possibile per fronteggiare tale problema, tenuto conto della scarsità
di sacerdoti e di finanze; ma talvolta pretendono troppo dal loro
clero e rischiano di esacerbarlo. La presenza di un nunzio potrebbe
temperare le tensioni che nascono in queste occasioni.
Bedini dedica quindi un breve excursus alla convivenza dei gruppi di
immigrati nella stessa parrocchia e segnala che l'ideale sarebbe
promuovere una chiesa tutta di lingua inglese. I sacerdoti tedeschi,
francesi, irlandesi e italiani fanno miracoli, ma la loro stessa
presenza ritarda la fusione dei vari gruppi. Bisogna invece formare un
clero locale di lingua inglese e fedele a Roma. Propone quindi di
creare un Collegio americano a Roma, nel quale gli insegnanti
dovrebbero essere italiani e dovrebbero fare in modo che gli allievi
non si crogiolino nello spirito nazionalistico. A tal proposito
biasima il modo sprezzante con il quale i sacerdoti americani trattano
i loro colleghi irlandesi, nonostante quanto questi abbiano fatto per
la chiesa negli Stati Uniti.
Nel rapporto più breve ritorna sulla necessità della nunziatura negli
Stati Uniti e ripete gli argomenti sugli immigrati. Aggiunge inoltre
che l’eventuale nunziatura a Washington aiuterebbe i cattolici a
resistere alla propaganda dei quarantottardi trasferitisi in America e
avrebbe una funzione riequilibratrice come già in Brasile. Infine
sottolinea che la presenza di un nunzio potrebbe contribuire alla
capitolazione dello spirito protestante, ormai decadenza. Il raffronto
con il Brasile è molto interessante, perché negli Stati Uniti Bedini
scopre molte somiglianze con quello che ha visto a Rio de Janeiro: il
problema dell'immigrazione e della propaganda protestante,
l'indifferentismo religioso di massa, la scarsa o mal coordinata
attività del clero locale20. Tuttavia il diplomatico pontificio non
applica acriticamente agli Stati Uniti quanto ha esperito in Brasile.
Ha infatti chiare le differenze tra i due paesi, soprattutto a livello
economico e tecnologico.
Le conclusioni delle due relazioni sono meditate dalla burocrazia
romana per decenni, tanto più che Bedini ascende ai vertici della
gerarchia cattolica: è influente segretario di Propaganda Fide e muore
cardinale arcivescovo di Viterbo. La crescente attenzione alla
questione migratoria non è, però, soltanto merito dell’ascesa del
diplomatico, poi porporato. Nei tre decenni che vedono fervere la sua
attività, gli ordini missionari hanno iniziato a occuparsi sul campo
degli emigranti, italiani e non. Barnabiti, Cappuccini, Domenicani,
Francescani, Gesuiti, Redentoristi e Serviti annoverano religiosi in
grado di badare a fedeli di più nazionalità e quindi si fanno carico
dell'assistenza di questi ultimi. Sennonché il loro intervento non
basta e inoltre essi non vogliono dedicarsi alla cura degli immigrati,
se non per il tempo strettamente necessario a far arrivare sacerdoti
secolari. In particolare i religiosi italiani vedono con un certo
fastidio questa incombenza, mentre i loro confratelli tedeschi o
polacchi sembrano più propensi ad assistere i propri connazionali.
Nascono allora nuovi istituti che assistono gli emigrati oltre
Atlantico oppure che estendono alle Americhe quanto stanno già
attuando in Europa. Nel 1844, per esempio, Vincenzo Pallotti ha
affidato gli italiani di Londra a Raffaele Melia e questi ha fondato
per loro la parrocchia di S. Pietro. Pochi decenni dopo i pallottini
varcano l’oceano: nel 1884 sono a Brooklyn e New York, nel 1886 nel
Rio Grande do Sul21. Don Giovanni Bosco decide di far intervenire i
suoi salesiani fra gli italiani di Buenos Aires, quando Pio IX gli
chiede di arginare la propaganda anticlericale e socialista fra gli
immigrati in Argentina22. La congregazione salesiana è nata per altri
scopi, ma agli inizi del Novecento assiste stabilmente i compatrioti
emigrati in America Latina e negli Stati Uniti, oltre a quelli
recatisi in Svizzera e in Germania, in Tunisia, a Costantinopoli e nel
Medio Oriente23.
Il crescente impegno dei nuovi istituti di vita consacrata corrisponde
al lacerante mutamento della realtà cattolica. La perdita dello stato
temporale ha chiuso definitivamente il periodo apertosi con la
Controriforma. Dal Concilio di Trento alla Breccia di Porta Pia la
Chiesa di Roma ha cercato di garantire in maniera tradizionale il
proprio peso sullo scacchiere mondiale. Tuttavia dal 1648 il
pontificato ha visto drasticamente ridotta la propria importanza
diplomatica. Inoltre l'occupazione francese, prima giacobina e poi
napoleonica, ha dimostrato la debolezza dello stato temporale. La
caduta di Roma nel 1870 sancisce definitivamente la scomparsa di
quest'ultimo e la necessità per la Chiesa cattolica di spostarsi su un
altro piano. Ora proprio la Breccia diviene centrale per la
valutazione della questione migratoria. In primo luogo, la sconfitta
decuplica il timore della propaganda antipontificia (protestante e
non) tra i migranti; in secondo luogo, la Curia realizza che mantenere
questi ultimi sotto il proprio controllo ha una valenza anche
offensiva. Dopo il 1870 il Vaticano conduce infatti virulente campagne
internazionali per rintuzzare e condizionare le scelte dell'Italia e,
in questo quadro, gli emigrati divengono un'apprezzabile massa di
manovra24. Servono, per esempio, a premere sui governi del Canada e
degli Stati Uniti e la loro utilità è tale che la Santa Sede sogna già
la possibilità che l'emigrazione faciliti la cattolicizzazione del
Nord America. Gli emigranti tuttavia non accettano di trasformarsi in
meri pedoni dello scacchiere internazionale e vogliono in cambio un
aiuto effettivo. Di qui gli scismi dei cattolici polacchi, russi,
ucraini e ungheresi emigrati in America, oppure la minaccia degli
italiani di abbandonare la chiesa, se questa non li assiste secondo i
loro termini25.
Mentre la situazione diviene incandescente, Propaganda Fide accumula
materiali sui flussi migratori e vaglia le possibilità di seguirli.
L'11 aprile 1887 autorizza negli Stati Uniti le parrocchie nazionali,
chiamate anche personali o linguistiche. Queste devono integrarsi nel
tessuto diocesano, ma hanno giurisdizione su una comunità immigrata e
non su un quartiere. La raccolta di documenti, che precede tale
decisione, mette i funzionari di Propaganda in contatto con la realtà
nordamericana e inoltre permette loro di stringere rapporti con le
associazioni che assistono l'emigrazione germanica, in particolare la
Raphaelsverein, fondata nel 1871 da Peter Paul Cahensly come società
di patronato degli emigranti tedeschi26. I funzionari di Propaganda
realizzano che per gli italiani non esiste niente di simile e che
questo si riflette nell'incapacità di avere edifici di culto e
d'incontro. Inoltre scarseggiano i sacerdoti provenienti dalla
Penisola o, se vi sono, hanno seguito percorsi non sempre approvati
dalla Santa Sede. Gli analisti di Propaganda sottolineano quindi come
il caso italiano brilli negativamente27.
La soluzione, contemporanea alla deliberazione sulle parrocchie
nazionali, prevede di confidare a Giovanni Battista Scalabrini,
vescovo di Piacenza, l'istituzione di un istituto religioso che
assista gli italiani nelle Americhe e al contempo gestisca un collegio
per formare i missionari addetti a tale compito28. Leone XIII approva
con breve del 25 novembre 1887 e quindi presenta il progetto ai
vescovi d'oltreoceano (Quam aerumnosa, 10 dicembre 1888). Inizialmente
si prevede un esperimento quinquennale, mirato agli Stati Uniti e al
Brasile, ma in quel lustro il pontefice e la Curia si rendono conto
dell'ineluttabile necessità di prestare maggiore attenzione alle
migrazioni, come risalta dalla stessa Rerum Novarum (15 maggio 1891).
In effetti la produzione di documenti ufficiali sugli emigranti
aumenta con il procedere del pontificato leoniano e sprona all'azione,
sempre, però, su un piano universale. La lettera apostolica del 25
ottobre 1884 sull'erezione del Collegio romano per i sacerdoti
statunitensi sottolinea la presenza "ex diversis orbis partibus illuc
immigrantes"29. La lettera a Scalabrini del 1887 e l'epistola ai
vescovi americani del 1888 trattano ovviamente degli italiani.
Propaganda Fide scrive il 15 maggio 1892 ai vescovi statunitensi,
perché si ricordino degli emigranti europei, e ai vescovi italiani il
2 maggio 1898, perché non conferiscano indiscriminatamente gli ordini
sacri a chi vuole poi recarsi negli Stati Uniti. Infine Propaganda
Fide (4 aprile 1900 e 1 marzo 1902) e la Congregazione dei Riti (10
maggio 1901) si preoccupano di come somministrare i sacramenti durante
i viaggi transoceanici.
L'ultimo decennio del pontificato di Leone XIII vede montare
l'interesse per la mobilità umana e di ciò beneficia il progetto
scalabriniano. Il vescovo di Piacenza ritiene in un primissimo tempo
che il nuovo istituto debba essere un'appendice di Propaganda. Nel
1889 decide, però, di affiancargli una Società di patronato degli
emigranti sulla falsariga della Raphaelsverein: la nuova iniziativa
funziona solo dove qualche sacerdote s'impegna personalmente, come
Pietro Maldotti a Genova, tuttavia porta alla nascita delle S.
Raffaele italiane. Inoltre Scalabrini opera affinché il governo
irreggimenti la propaganda degli agenti di emigrazione: crede infatti
al diritto e alla necessità in molti casi di emigrare, ma teme che le
agenzie provochino lo spopolamento di alcune aree e soprattutto
paventa la disperazione degli emigranti ai quali sia stato promesso un
lavoro inesistente30.
Il vescovo piacentino incontra in Italia forti difficoltà, anche per
il particolare momento politico. Ottiene invece maggiori risultati nei
luoghi d'arrivo, grazie all'impegno dei missionari e al fondamentale
aiuto delle congregazioni femminili. È questo un capitolo storico
ancora da esplorare a fondo31. Gli studiosi giudicano fondamentale il
ruolo delle Missionarie del S. Cuore di Francesca Saverio Cabrini:
questa infatti sbarca a New York nel 1889 e nei successivi 28 anni vi
fonda una scuola fiorente e il Columbus Hospital; inoltre invia le sue
consorelle nel resto degli Stati Uniti, da New Orleans a Chicago e
Seattle, e poi nell'America centrale e meridionale. Parimenti
importanti sono le Missionarie Zelatrici del S. Cuore di Gesù di
Clelia Merloni, in Brasile nel 1900 e quindi diffusesi nelle
parrocchie italiane delle due Americhe. Né debbono essere dimenticate
quelle che diverranno le Scalabriniane, create nel 1895 come Ancelle
degli orfani e dei derelitti all'estero: esse infatti fondano e
gestiscono scuole e ospedali prima in Brasile e poi in tutte le
Americhe. Negli Stati Uniti troviamo poi le Apostole del S. Cuore, le
Salesiane, le Maestre Pie Filippini, le Battistine, le Pallottine, le
Suore di S. Dorotea, le Figlie di Santa Maria della Provvidenza, le
Francescane di Gemona e le suore Venerini. Nei paesi del Rio della
Plata prestano la propria opera le Figlie di Maria Ausiliatrice, le
Suore della Misericordia di Maria Rossello di Albisola e quelle di
Carlo Steeb di Verona, le Figlie di Nostra Signora dell'Orto di
Chiavari e le Piccole Sorelle della Carità di don Orione. Nel Rio
Grande do Sul in Brasile i cappuccini chiamano le Suore di S. Giuseppe
di Chambéry. Alcune congregazioni femminili nascono infine dalla
stessa esperienza migratoria: le Piccole Suore dell'Immacolata
Concezione sono fondate nel 1890 da Amabile Visintainer (Paolina del
Cuore di Gesù Agonizzante), una trentina emigrata in Brasile.
Tutti gli istituti femminili prodigano le proprie forze in scuole ed
ospedali e sono proprio queste attività a garantire la maggiore
efficacia e a rispondere meglio al progetto di Scalabrini. La presenza
delle suore e degli Scalabriniani sostiene, anzi crea, l'identità di
gruppo degli emigranti. Le chiese, le scuole, gli orfanatrofi e gli
ospedali, dove si parla italiano e non dialetto, contribuiscono
infatti alla formazione di comunità nazionali, che raggruppano
precedenti nuclei in genere suddivisi, anche topograficamente, sulla
base delle origini regionali. Il vescovo di Piacenza prosegue nel
frattempo a muoversi in Italia, dove collabora alla formulazione della
legge sull'emigrazione del 1901. Strappa così una maggior tutela
dell'emigrante prima e durante la partenza. Gli sembra questa volta di
aver sconfitto la lobby degli agenti di emigrazione e di poter pensare
più liberamente a quanto si sta costruendo oltreoceano, dove si reca
nel 1901 (Stati Uniti) e nel 1904 (Brasile)32.
I due viaggi rafforzano il successo della sua iniziativa: alla morte
(1 giugno 1905) Scalabrini lascia quaranta case in America, con
annesse chiese e scuole, nonché un orfanotrofio a San Paolo. La
riuscita non è stata, però, esente da polemiche con altre
congregazioni e la curia. Da oltre dieci anni Propaganda non sostiene
il vescovo piacentino, inoltre la Segreteria di Stato, sulla scia
delle rimostranze di alcuni salesiani, sospetta che gli Scalabriniani
siano troppo acquiescenti nei riguardi del Regno d'Italia33. Il
fondatore è infatti sempre stato conciliante verso il governo italiano
e, fatto forse ancora più grave, i suoi missionari contribuiscono alla
costruzione dell'identità italiana degli emigranti. Lo stesso
Scalabrini diviene sempre più consapevole della difficoltà di
bilanciare appartenenza nazionale e appartenenza religiosa; è inoltre
spaventato dall'aumento delle contrapposizioni oltreoceano tra le
diverse comunità emigrate. Prima di morire, propone quindi alla Santa
Sede di istituire un dicastero, o eventualmente solo una commissione,
pro Emigratis Catholicis. Ritiene infatti che si è cominciato a fare
qualcosa per ogni gruppo, ma che bisogna ora coordinare gli sforzi e
non disperdere le energie34.
Nel nuovo secolo l'attenzione cattolica alle questioni migratorie non
decresce, anzi si aprono nuovi fronti. L'istituto scalabriniano è
sempre focalizzato sulle Americhe e soltanto molto più tardi tornerà
verso il Vecchio Mondo. Di quest'ultimo si occupa invece Geremia
Bonomelli, vescovo di Cremona, che nel 1900 fonda l'Opera di
assistenza agli operai italiani emigrati in Europa e nel Levante35.
L'iniziativa non è sponsorizzata dalla Santa Sede, che anzi diffida di
Bonomelli, ma dall'Associazione Nazionale per soccorrere i missionari
italiani e gode dell'appoggio di laici influenti, quali Ernesto
Schiaparelli e Fedele Lampertico36. Le decine di sacerdoti impegnati
sono quasi tutti secolari e nel volgere di qualche anno riescono a
intervenire tra gli italiani in Svizzera, Francia e Germania. La loro
azione è coadiuvata da ordini e congregazioni religiose: Barnabiti a
Parigi, Dehoniani a Marsiglia, Salesiani a Lione e Zurigo, Cappuccini
nel sud della Francia. Inoltre Bonomelli coinvolge laici ed
ecclesiastici nello studio dell'emigrazione, mentre compie egli stesso
numerose ricognizioni sul campo37.
In questo clima Pietro Pisani, docente al Seminario di Vercelli,
inizia a visitare le missioni europee e nordamericane. Ogni viaggio si
traduce in conferenze e pubblicazioni, inoltre Pisani collabora
fattivamente all'Opera bonomelliana. La sua attività lo spinge verso
la curia, nonostante i non troppo velati rimproveri del vescovo di
Cremona. Il legame tra i due si deteriora e il secondo intrattiene una
corrispondenza con Pio X, nella quale suggerisce la necessità di
controllare l’anziano prelato38. Nel frattempo Pisani contribuisce
alla fondazione dell'Italica Gens (1909), la federazione di
congregazioni religiose e associazioni laiche che si interessano degli
emigrati italiani in America39. Ad essa aderiscono Scalabriniani,
Salesiani, Gesuiti, Francescani, Cappuccini, Serviti, Conventuali,
Passionisti, Francescani e i rispettivi rami femminili, nonché i
maggiori nomi del volontariato cattolico.
Immediatamente prima della guerra la questione dell'assistenza è
rilevantissima, soprattutto oltreoceano. Negli Stati Uniti 223
regolari e 487 secolari si occupano di 590 chiese e parrocchie
italiane, alle quali sono legate scuole, ospedali, enti di assistenza
e associazioni locali. In Argentina sono all'opera Gesuiti,
Francescani, Barnabiti, Giuseppini, coadiuvati dalle religiose di cui
si è detto prima, e le istituzioni di don Orione (Figli della Divina
Provvidenza, Piccole Sorelle della Carità e della Piccola Opera della
Divina Provvidenza). In Brasile Gesuiti e Cappuccini progressivamente
lasciano il campo a Salesiani, Scalabriniani, Pallottini, Camaldolesi,
Giuseppini di Murialdo, Passionisti e agli istituti femminili già
ricordati.
Di fronte a questo fiorire di iniziative la Santa Sede cerca di
dirigere e coordinare, anche perché non dimentica il pericolo di
perdere le anime degli emigranti. Nel 1901, per esempio, il S. Uffizio
riceve un dettagliato rapporto da New York, nel quale è segnalato il
grande aumento degli italiani negli Stati Uniti: nel solo volgere del
secolo (1899-1900) sono passati da due milioni a tre. Purtroppo,
secondo il relatore, questi immigrati sono abbandonati per mancanza di
clero che parli la loro lingua e cadono nelle mani di uomini senza
Dio. Alla fine soltanto mezzo milione è restato cattolico, gli altri
due e mezzo sono divenuti protestanti o “pagani” e socialismo e
anarchismo si sono fatti strada fra loro. Bisogna dunque salvare gli
italiani inviando preti della loro lingua40. La Curia è tuttavia lenta
a riprendere in mano una faccenda, che forse considerava chiusa con le
decisioni del 1887. Comunque dal 1908 la Segreteria di Stato inizia a
raccogliere dati sui flussi migratori e la loro assistenza41; inoltre
nel 1911 ricorda ai vescovi che devono proteggere i fedeli in partenza42.
La Concistoriale a sua volta prevede domande sugli immigrati nei
questionari riempiti dei vescovi in occasione della visita ad limina43.
Inoltre insiste per la costituzione in ogni diocesi di un patronato
per gli emigranti, che dovrebbe tutelare questi ultimi e fornire
informazioni alla Santa Sede. Per coordinare la rete dei patronati Pio
X istituisce nel 1912 il primo ufficio romano per l'emigrazione, una
sezione speciale della Concistoriale, cui è chiamato Pisani con il
compito di studiare un piano serio ed efficace di assistenza44.
L’ufficio cui è chiamato il sacerdote vercellese ha competenza
sull'orbe cattolico e risponde al suggerimento di Scalabrini di badare
a tutti i migranti, smussando conflitti tra loro e con le diocesi di
accoglienza. D’altronde molte società nazionali per la protezione dei
partenti si fanno sentire in Vaticano. Per esempio, Pio X riceve nel
settembre 1912 una lettera sottoscritta da Peter Paul Cahensly e altri
partecipanti alla Conferenza Internazionale dell'Emigrazione tenutasi
l'11 di quel mese45. In essa si ringrazia per l'istituzione di
un'apposita sezione della concistoriale e si sottolinea l’enormità del
fenomeno in questione. Nel solo impero germanico vi sono un milione di
lavoratori immigrati, i tre quarti dei quali sono cattolici. Negli
Stati Uniti sono arrivati negli ultimi ventidue anni 12.905.240
lavoratori, di cui 7.630.599 cattolici, ai quali bisognerebbe
aggiungere gli altri recatisi in Canada e nell'America meridionale. In
questa situazione la Società S. Raffaele nel solo 1911 ha protetto
oltre due milioni di emigranti, ma non può fare tutto da sé. Non
esiste infatti soltanto la questione della lingua, ma anche quella
dell’inurbamento: un elemento assai pericoloso per la salute
spirituale dei migranti. Cahensly ricorda il suo viaggio in Nord
America nel settembre-ottobre 1910 e segnala gli sforzi della Catholic
Colonisation Society di Chicago per far lavorare gli emigranti in
campagna e tenerli lontani dalle città46. Insomma il problema è assai
complicato e comprende anche la messa a punto di una serie di
passaggi, cioè dell’assistenza al momento della partenza, del viaggio
e dell’arrivo. Non a caso è allegato un appunto a macchina di don
Turobin, uomo di fiducia della S. Raffaele al porto di Le Havre, che
dichiara di aver impartito i sacramenti a 476 emigranti (109 italiani)
nel 1908; a 2.072 (144 italiani) nel 1909, a 1.496 nel 1910 e a 733
nel 1911. Infine il piccolo dossier è completato da una lettera di
presentazione di Pisani che spiega a Bressan come Cahensly voglia
presentare al Pontefice un indirizzo del Congresso Internazionale di
Vienna per l'assistenza religiosa agli emigranti cattolici. Una
annotazione rivela che l’uomo politico tedesco è stato ricevuto in
udienza il 26 settembre 1912.
Cahensly sottolinea come l’emigrazione sia un problema internazionale
e in questo caso specifico ricorda addirittura le poco menzionate
diaspore francesi e belghe. Le inchieste della Concistoriale e della
Segreteria di Stato evidenziano invece che occorre seguire soprattutto
gli italiani, visto che essi costituiscono il più importante gruppo di
emigranti. Premuta da tutte le parti la Santa Sede decide nel 1914 la
fondazione a Roma del Pontificio Collegio per l'emigrazione italiana,
che dovrebbe formare clero diocesano atto a seguire gli italiani in
tutto il mondo. La guerra ritarda poi l'apertura effettiva e questa
avviene soltanto nel 192047.
Si conclude così la lenta elaborazione di una strategia unitaria nei
riguardi dell’emigrazione e soprattutto il progressivo imporsi in
Vaticano della specificità e maggior drammaticità della diaspora
italiana. Per il periodo successivo al 1920 non possiamo purtroppo
accedere alla documentazione vaticana, perché la maggior parte dei
fondi archivistici della Santa Sede permettono di vedere soltanto le
carte anteriori al 1922. È naturalmente possibile ricostruire
dibattiti e iniziative rispetto all’emigrazione nelle Americhe, almeno
per sommi capi, utilizzando altri documenti, ma si finirebbe per
ripetere quanto scritto in altre sedi48.
È invece più interessante approfondire il versante delle relazioni
vaticane con ordini e congregazioni femminili italiane impegnate nelle
Americhe. Queste in realtà non sono molto citate nelle carte della
Santa Sede. Propaganda Fide registra registra la disponibilità delle
Clarisse italiane, in particolare quelle di Porto Maurizio, a recarsi
negli Stati Uniti durante l’Ottocento e la presenza a Boston nel 1906
di Francescane di Roma e suore sempre romane della Missione del
Santissimo Cuore 49. In altri archivi della Santa Sede abbiamo sparsi
accenni all’invio negli Stati Uniti delle Maestre Pie Venerini e delle
Maestre Pie Filippini50 e a quello in Brasile delle Missionarie di S.
Carlo51. Infine le carte della Concistoriale, oggi presso l’Archivio
Segreto Vaticano, permettono di farsi un’idea della dislocazione delle
religiose italiane negli Stati Uniti.
Questo dicastero, presieduto dallo stesso pontefice, ottiene nel 1908
la supervisione di Canada e Stati Uniti e pochi anni dopo inizia a
ricevere le relazioni quinquennali delle diocesi canadesi e
statunitensi. I vescovi delle prime non citano mai l’azione di suore
italiane e si può quindi dedurne che esse non si siano recate in
quelle contrade nel periodo a cavallo della prima guerra mondiale. Al
contrario molti prelati statunitensi relazionano sulla presenza di
suore straniere nelle loro diocesi e talvolta ne indicano anche la
nazionalità. Una prima serie di informazioni sulle religiose italiane
giunge nel 1914: ad Albany (New York) le Battistine dirigono una
scuola per i ragazzi italiani; a Brooklyn dodici Missionarie del Sacro
Cuore e sei del Terzo Ordine Francescano sono egualmente impegnate in
attività scolastiche; a Chicago sono presenti le Suore di San
Francesco di Roma e le Missionarie del Sacro Cuore di Como; ad
Hartford (Connecticut) venti 20 Zelatrici del Sacro Cuore di Roma
gestiscono due case e duecento scolari52.
Nel fascicolo su Chicago troviamo anche un interessante commento di
Thomas Kennedy, vescovo di Adrianopoli e lettore del rapporto
diocesano in questione: "Il riguardo alla maniera con la quale i
popoli nuovi vengono assorbiti nella vita cattolica di Chicago si può
trarre un esempio da ciò che si è fatto pel popolo Italiano. Questo
popolo benché la sua venuta a Chicago è relativamente recente già
possiede più di quindici chiese parrocchiali, che sono mantenute dalle
offerte degl'Italiani stessi, benché siano poveri, in modo che il
parroco non ha la necessità di rivolgersi alle genti di altre nazioni,
come lo ha in altre diocesi, per avere i mezzi donde vivere. Hanno le
loro scuole con le loro comunità religiose, il loro ospedale ed
orfanatrofio, ed altri istituti, compreso un centro ove i disoccupati
trovano alloggio, assistenza medica se hanno bisogno d'essa, sono
aiutati a trovare il lavoro, ed in diverse maniere il loro bene
spirituale è tutelato."
Nelle relazioni successive i numeri sembrano aumentare, ma abbiamo
solo due riscontri diretti53. Le relazioni della diocesi di Filadelfia
rivelano che nel 1914 è presente una sola missionaria italiana del
Sacro Cuore e che sette anni dopo ve ne sono quindici ripartite in due
case. Le relazioni relative a Pittsburgh mostrano come nel 1914 dieci
Suore di S. Francesco abbiano una casa; cinque anni dopo il vescovo
specifica che le suore sono dodici e che la loro azione fra gli
italiani accompagna quella di otto sacerdoti e sei fratelli laici
dell'Ordine maschile. Nel 1921 il nuovo arcivescovo di Chicago spiega
che nella sua diocesi si trovano le Missionarie Francescane di Maria
Immacolata (Roma) e le Filiae Providentiae (Como). Un anno prima
invece l’ordinario di Newark (New Jersey) ha ricordato che a Kearny
sedici Pallottine amministrano l’orfanatrofio per i bambini italiani e
altrettante gestiscono l’analoga istituzione di Hoboken. Sempre nel
1920 risulta che anche nella diocesi di Syracuse (New York) un
istituto di suore cura i ragazzi italiani e li obbliga a recarsi a
scuola: non è specificato, ma si può immaginare che si tratti di
religiose italiane.
Complessivamente dunque le informazioni sugli istituti femminili di
vita consacrata sono poche. Parrebbe insomma che il ruolo delle
religiose sia assolutamente minoritario agli occhi della Santa Sede,
sennonché la recente apertura del fondo “Archivio Particolare di Pio
X” all’interno dell’Archivio Segreto Vaticano permette di seguire la
straordinaria corrispondenza con il pontefice di Francesca Saverio
Cabrini, un personaggio che, nonostante una letteratura non
trascurabile, meriterebbe di essere messo ulteriormente a fuoco54.
Le lettere di Cabrini al pontefice seguono una cadenza regolare
(anniversario dell’ascesa al Soglio e Natale). I testi riproducono a
loro volta uno schema standardizzato: la religiosa si scusa per non
poter porgere gli auguri di persona, essendo impegnata in terre assai
lontane. Quindi descrive cosa sta facendo e dove si trova. Infine
domanda l’approvazione e la benedizione del pontefice. L’8 luglio 1904
invia i suoi auguri da New Orleans e specifica:
Sento che la Vostra Benedizione mi accompagna e spande benefici
influssi sulle nostre missioni. Anche nell'Estremo Occidente vicino
all'Alaska i nostri italiani sono numerosi. Li ho trovati che da
quaranta e più anni non andavano alla Chiesa. Per cui colla
benedizione del Sacro Cuore costruimmo per loro chiesa, orfanotrofio e
scuole.
Qui in New-Orleans, trovandomi in bisogno di allargare scuole e
orfanotrofio, l'Arcivescovo Chapelle ci donò una Casa della Diocesi e
un buon italiano, il Capitano S. Pizzati, venne generosamente in
nostro soccorso ordinando un fabbricato che costerà circa settanta
cinque mila dollari. Sono certa che Vostra Santità si rallegrerà di
questa carità usata al nostro Istituto, la quale, se ci lascia più
povere di prima, dovendo mantenere maggior numero di orfane, ci dà
campo di ampliare la nostra opera per la gioventù. Mi tengo sicura che
dal vostro ampio cuore partirà una benedizione che umilmente chiedo
per il generoso Capitano e la sua buona e pia signora.
Di qui farò ritorno in Colorado, ove il Vescovo desidera apriamo un
orfanotrofio. Indi passerò da Chicago e quindi da New-York, ove spero
imbarcarmi per l'Italia55.
Il papa fa rispondere al suo segretario e cappellano segreto Giovanni
Bressan, ringraziando per gli ossequi, congratulandosi per quanto
fatto ed esprimendo il paterno affetto per la superiora e le sue
missionarie. Così avviene per la lettera che precede e per i
successivi auguri natalizi da Chicago, nei quali la religiosa deplora
gli “empi attacchi” a un papa che illumina il mondo56.
Il 26 giugno 1905 Cabrini invia da Denver i voti suoi e delle suore
per l’anniversario dell’assunzione al pontificato. Ricorda che con la
fondazione dell'orfanotrofio
[...] la mia presente missione in queste contrade volge al suo
termine. Qui in Denver era di grande necessità un orfanotrofio e
scuola industriale per le bambine dei nostri poveri emigranti, dei
quali molti rimangono vittime di infortuni sul lavoro, e spesso
morendo lasciano le famiglie in deplorevoli condizioni. Le stesse
circostanze sono in California, dove si trovano tanti nostri italiani.
In questi anni di missione negli Stati Uniti ho dovuto convincermi che
l'unico modo di far del bene alle anime di questi nostri poveri
italiani è di impedire che siano pervertiti dalle sette protestanti e
che, tutti intenti al guadagno materiale, si dimentichino di avere
un'anima da salvare, è quello di avere per loro non solo missioni, ma
scuole orfanotrofi, ospedali, opere insomma di ogni genere, secondo il
bisogno e le circostanze, onde in tutte le loro necessità siano
provveduti da noi e non abbiano bisogno di far ricorso a chi è troppo
sollecito di aiutarli pur di pervertirli. In questo modo abbiamo sotto
la nostra cura qui negli Stati Uniti più di quattromila fanciulli
nelle nostre scuole, varie centinaia di ammalati al mese negli
ospedali di New York e di Chicago quattordici mila ammalati nel
Dipartimento esterno dell'ospedale di New York. Oltre al bene che si
fa alle anime di costoro, che la sventura o il bisogno rende più
docili e preparati a ricevere la buona parola che deve ricondurli a
Dio, è grandissimo il numero delle anime con cui si viene per mezzo
loro in contatto e a cui si può giovare. Il Sacro Cuore poi ci porge
grandi opportunità di spenderci a sua gloria nelle missioni che si
fanno nelle campagne, nell'insegnamento del catechismo, di cui tutti
hanno si gran bisogno, vecchi e giovani, nella preparazione ai
Sacramenti, che la massima parte riceve senza sapere quel che si
facciano, nelle visite alle miniere, alle prigioni, ai ricoveri
pubblici, dove in mezzo a stranieri, nessun bene sarebbe fatto alle
anime loro tanto bisognose di aiuto, senza le visite regolari delle
Suore
A questo punto si dichiara ben lieta di annunciare che lascerà le
comunità americane "in buon ordine e osservanza" e segnala come le sue
collaboratrici abbiano molto più lavoro di quanto potrebbero fare, ma
si sacrificano di buon cuore57.
Il 12 ottobre 1905 Cabrini dichiara a Pio X che avrebbe voluto
trovarsi a Roma per il venticinquennale del suo istituto, ma ha
trovato nella fondazione di Los Angeles difficoltà maggiori del
previsto. Visti i bisogni della fondazione losangelina dovrebbe
lavorare in quella città per anni, ma appena sistemati gli affari più
immediati si metterà in viaggio per Roma, in modo da festeggiare il
venticinquennale, sia pure in ritardo. In questo caso la lettera è
inoltrata a Pio X tramite Bressan, che al solito risponde assicurando
della benedizione pontificia58.
La corrispondenza di madre Cabrini con Pio X è accompagnata da quella
di alcuni prelati statunitensi sulla sua opera. Così nel maggio 1906 è
fatta arrivare in Vaticano la traduzione di una lettera di Nicholas C.
Matz, vescovo di Denver, nella quale si elogiano le Missionarie del
Sacro Cuore, che possiedono due case nella sua città, insegnano nella
scuola italiana e hanno aperto un orfanatrofio per le bambine
immigrate dall’Italia. Il prelato dichiara di amare molto le “buone
suore” perché fanno un bene grandissimo, ma di essere dispiaciuto
perché esse rifiutano di ricevere nell'orfanatrofio i "garzoncelli".
Spiega che il Colorado è un paese di miniere e che tanti genitori vi
muoiono giovani, lasciando numerosissimi orfani: quelli non italiani
sono accolti in tre orfanotrofi retti da suore non italiane, ma quelli
italiani non sanno dove andare. Ora la regola che le missionarie del
Sacro Cuore si occupino solo delle bambine gli appare come mancante di
buon senso: i bambini hanno bisogno di cure materne come e più delle
loro coetanee. Matz scrive quindi a Ragonesi, padre generale delle
missionarie, e gli chiede di convincere le suore ad accettare i
maschietti: gli altri tre orfanatrofi sono pieni e non possono
occuparsi degli italiani. Ragonesi o forse la stessa Cabrini inoltra
la lettera al pontefice e Bressan vi chiosa il 22 maggio 1906: "Sua
Santità ha risposto: Si osservi la regola; e a qualunque evento
connesso ricorrere alla Sacra Congr. dei Vescovi e Regolari"59.
L’assidua frequentazione della Curia assicura in effetti a madre
Cabrini una protezione sconosciuta ad altre superiori di congregazioni
femminili. In particolare sembra molto forte il legame con Bressan. A
questi, per esempio, la religiosa scrive il 15 dicembre 1906 spiegando
che in agosto ha fatto spedire dalle sue suore di New York alcune
casse di acqua minerale "White Rock", molto indicata per la malattia
che affligge il papa. Il primo invio è stato direttamente al papa, ma
ora il secondo è arrivato direttamente alla religiosa, che vorrebbe
consegnare personalmente la cassa al pontefice. Ha già detto alle
sorelle di Pio X che quell'acqua aiuta a liberare il corpo dagli umori
che favoriscono la gotta: va, però, tenuta in ghiaccio, ben turata, e
se ne deve bere un bicchiere a digiuno e uno prima di pranzo; se poi
funziona, si riduce la dose a mezzo bicchiere. In conclusione chiede e
ottiene un'udienza60.
Negli anni successivi il focus della corrispondenza si sposta
sull’America Latina. Il 26 novembre 1907 Cabrini data una lettera
natalizia a Pio X specificando che è “in vista del Picco di
Teneriffe”. In tale occasione rammenta di aver lasciato Roma il luglio
precedente, dopo aver ricevuto la benedizione del papa. Sperava di
poter tornare nella Città Eterna dopo aver visitato le case in
Inghilterra, Francia e Spagna, ma si è poi resa conta che quelle
nell’America meridionale non potevano più aspettare e si è imbarcata a
Barcellona per Buenos Aires. Assicura di aver comunque sempre il
pensiero fisso su Roma e Sua Santità e di adoperare i giorni inoperosi
sulla nave per pregare: "I bisogni della presente società e della
Chiesa in questi difficili tempi fanno sì che la preghiera sia più
fervida"61. Il 30 luglio 1908 scrive invece da San Paolo in Brasile
per mandare a Bressan gli auguri di buon onomastico. Chiosa di essere
da due mesi in quella nazione , ma di avere sempre il pensiero sulla
Curia: "Più son lontana da Roma e più vi rimango vicina col pensiero".
Dopo essersi dilungata sull’argomento, specifica en passant che tra le
tante fondazioni offerte ha scelto quella di Rio de Janeiro grazie
all'ottima accoglienza del cardinale Jaquim Arcoverde de Albuquerque
Cavalcanti di lontanissima origine italiana62. Bressan gli porge le
congratulazioni di Pio X63.
Il 27 giugno 1909 Cabrini trasmette al cappellano segreto del
pontefice una lettera per il papa in occasione dell'anniversario
dell'elezione al Soglio. Dal pontefice implora la benedizione "pel
lavoro che sto facendo in questo paese, che giace sotto le montagne
dell'Alaska". In realtà scrive da Seattle, una città che a suo parere
cresce di giorno in giorno a dismisura ed è piena di pericoli per gli
emigranti. Cita gli "spiritualisti" (cioè gli spiritisti) e l'Arma
della Salvazione (Salvation Army = Esercito della Salvezza), che
accusa con i suoi concerti di propagare un'idea lassistica del
cristianesimo. A parte le esagerazioni, ma il timore per lo spiritismo
è comunque a quel tempo costante presso la stessa Curia romana64,
stupisce la scarsa padronanza dell'inglese e della situazione
americana da parte della scrivente: la descrizione dell'Esercito della
Salvezza è caricaturale e fuori bersaglio. Bressan comunque risponde
che il S. Padre ringrazia e benedice65. Il 1° dicembre Cabrini invia
gli auguri natalizi al papa e Bressan da Los Angeles, ma senza
speciali indicazioni66.
Il 28 luglio dell’anno successivo Cabrini scrive da Roma a Pio X. Lo
ha incontrato il giorno prima e hanno affrontato la questione che qui
riprende, ma sottolinea quanto essa gli stia a cuore. A New York le
missionarie hanno da diciotto anni un ospedale per i poveri emigrati,
che ha assicurato ben 30.000 ricoveri, senza contare che l'ambulatorio
cura 20.000 immigrati ogni anno. La missione ha esiti soddisfacenti
anche sul piano religioso: "l'ospedale è stato per molti nostri
ammalati vera casa di salute per l'anima e per il corpo". Ora, però,
timoroso di questo successo "un gruppo di framassoni si è messo
nell'impresa di edificare un altro ospedale, così detto laico". Questi
massoni hanno raccolto circa 200.000 lire e nel 1907 hanno avuto dal
Commissariato dell'Emigrazione un sussidio di 300.000 lire.
Fortunatamente discordie intestine e poca coscienza degli
amministratori hanno fatto sì che il denaro non solo rimanesse
inoperoso, ma che corresse il rischio di essere perduto. Se quindi
l'ospedale cattolico aumentasse il numero dei letti, attualmente
troppo pochi per i bisogni della comunità italiana, potrebbe togliere
ogni ragione di essere al nuovo ospedale. Cabrini ha chiesto un
sussidio di mezzo milione al Commissariato dell'Emigrazione, ma a New
York l'hanno saputo e hanno premuto su un membro della commissione.
Sono stati quindi domandati altri soldi per il futuro ospedale (un
milione più le spese future) e alla fine la commissione ha deciso di
non dare niente a nessuno. L'ospedale massonico è dunque bloccato, ma
la situazione non è ancora sicura per quello cattolico: bisognerebbe
costruire la terza ala (300 letti) prevista nel progetto, ma servono
750.000 lire. La religiosa chiede perciò di "impiegare in America
500.000 lire impiegandole sulle nostre proprietà" e allega il
prospetto finanziario del suo istituto. In esso sono elencate le case
e gli ospedali di Italia, Francia, Spagna, Inghilterra, Stati Uniti,
Argentina e Brasile. Inoltre sono dettagliati gli assetti
statunitensi: case, scuole e ospedale a New York; casa a West-Park,
Manresa; casa a Brooklyn; case e stazione a New Orleans; casa a Long
Beach; case e scuola infermiere a Chicago; casa ad Arlington; stazione
a Newark con scuola parrocchiale; terreno nel Maryland; casa con
scuola parrocchiale a Scranton; case, stazioni e terreni a Denver;
casa e terreno a Seattle; terreno a Spokane, casa e stazione (con
scuola vescovile) a Los Angeles; stazione a Burbank; terreno da bagni
per orfane a Santa Monica. Sono tutte di proprietà della
congregazione, mentre in altre nazioni case e scuole sono in affitto.
Il 6 agosto Bressan risponde: "il S.P. è dolente di non poter esaudire
la di Lei domanda, perché non ha alcun fondo disponibile"67.
Il 1° agosto 1911 Cabrini scrive da Forest Hill (Londra) per "l'ottavo
anniversario del giorno fortunato in cui la Chiesa vi riceveva con
esultanza a Supremo Pastore, e nel commemorare sì fausta data, sento
il bisogno di congratularmi con voi, Padre Santo, e di ringraziare il
Signore”. Chiosa quindi “Di congratularmi con voi? Non dovrei
piuttosto piangere con Voi il cui cuore è straziato da tanti mali che
affliggono la porzione più eletta del vostro gregge?" e prosegue per
altre due pagine sullo stesso stile, prima di aggiungere "Da mesi e
mesi sono trattenuta in Londra per una complicazione di affari il cui
disbrigo ha richiesto la mia presenza; pare che colla grazia del
Signore il nodo sia quasi districato, e che presto possa ripromettermi
il piacere di far ritorno a Roma". La lettera è allegata a un
messaggio a Bressan, curiosamente datato 28 luglio, nel quale annuncia
sì gli auguri a Pio X, ma soprattutto si congratula per la posizione
che gli permette di assistere il papa e lo implora di pregare per
l'opera di Londra. Non vi è risposta, ma segue un altro messaggio, in
data 3 settembre 1911, nel quale Cabrini, ora a Neuilly-sur-Seine
presso Parigi, si rallegra perché Pio X si è rimesso. Da
un’annotazione risulta che Bressan ha risposto alle varie lettere il 7
settembre68.
Altro materiale sulle iniziative di madre Cabrini è disponibile nel
fondo della Nunziatura apostolica in America Centrale69, ma non vale
la pena di analizzarlo qui dettagliatamente. È invece utile
concentrare l’attenzione sullo scambio epistolare con il pontefice e
il suo segretario. La corrispondenza della superiora delle Missionarie
del Sacro Cuore non soltanto rivela infatti l’ampiezza delle
iniziative portate avanti dalle suore, ma indica anche quanto contino
i rapporti personali nella svolta voluta da Pio X, cioè nella nuova
attenzione alle sorti dell’emigrazione cattolica nel Nuovo Mondo. Ora
tali contatti avvantaggiano soprattutto gli italiani, perché il
personale di Curia è in maggioranza italiano (ed italiani sono anche i
delegati apostolici e i nunzi nelle Americhe, nonché il loro personale
di segreteria). Di fatto quindi le richieste di Cahensly e di
Scalabrini (ma anche quelle più antiche di Bedini) per una cura di
tutti gli emigranti cadono nel vuoto, o quanto meno non trovano in
Vaticano un orecchio troppo attento. La grande questione
dell’emigrazione è sempre presente ai dicasteri della Santa Sede, ma i
migranti non italiani sono demandati al loro clero di origine o alla
buona volontà delle diocesi di arrivo, mentre i connazionali del Papa
godono, almeno in linea generale, di un occhio di riguardo. Al
contempo le lettere di madre Cabrini, ma andrebbero analizzati in tal
senso anche gli epistolari di altri protagonisti di quella stagione,
rivelano una comprensione degli scenari americani parziale e spesso
inficiata da pregiudizi o ignoranza della lingua e della cultura
locale. Sostanzialmente i rappresentanti vaticani, i missionari e le
missionarie condividono con altri viaggiatori italiani molti
apriorismi sul valore (e soprattutto sui difetti e i pericoli) del
Nuovo Mondo70. Questa sfiducia demanda ancora di più ad altri attori
la risoluzione sul posto della questione migratoria, mentre nei
palazzi vaticani ci si preoccupa soprattutto che gli emigrati italiani
non siano influenzati dalla propaganda massonica e socialista, o non
si americanizzino71.
1 Per la bibliografia e la discussione storiografica, cfr. L.
Codignola, The Holy See and the Conversion of the Indians in French
and British North America, 1486-1750, in America in European
Consciousness, 1493-1750, a cura di K.O. Kupperman, Chapel
Hill-London, The University of North Carolina Press for the Institute
of Early American History and Culture, 1995, pp. 195-242; G.
Pizzorusso e M. Sanfilippo, L'America iberica e Roma fra Cinque e
Seicento: notizie, documenti, informatori, in Gli archivi della Santa
Sede e il mondo asburgico nella prima età moderna, a cura di Idd. e A.
Koller, Viterbo, Sette Città, 2004, pp. 73-118; Idd., Dagli indiani
agli emigranti. L'attenzione della chiesa romana al Nuovo Mondo,
1492-1908, Viterbo, Sette Città, 2005.
2 G. Pizzorusso, Roma nei Caraibi. L'organizzazione delle missioni
cattoliche nelle Antille e in Guyana (1635-1675), Roma, École
française de Rome, 1995, e Cosmopolitismo e fedeltà al Principe:
appunti e documenti per una biografia di Cosimo Brunetti tra Italia,
Francia e Polonia nella seconda metà del XVII secolo, in Conflitti e
compromessi nell’Europa di centro fra XVI e XX secolo, a cura di G.
Platania, Viterbo, Sette Città, 2001, pp. 139-160.
3 Per la presenza ebraica, N. Wachtel, La fede del ricordo. Ritratti e
itinerari di marrani in America, Torino, Einaudi, 2003; per gli
irlandesi nelle colonie spagnole, F. Troncarelli, La spada e la croce.
Guillén Lombardo e l’inquisizione del Messico, Roma, Salerno, 1999.
4 M. Sanfilippo, L'Archivio Segreto Vaticano come fonte per la storia
del Nord America anglo-francese, in Gli archivi della Santa Sede come
fonte per la storia moderna e contemporanea, a cura di Id. e G.
Pizzorusso, Viterbo, Sette Città 2001, pp. 237-263.
5 L. Codignola, Conflict or Consensus? Catholics in Canada and in the
United States, 1780-1820, Canadian Catholic Historical Association,
"Historical Studies", 55 (1988), pp. 43-60.
6 Archivio di Propaganda Fide (d’ora in poi APF), Congressi, America
Centrale, vol. 2 (1776-1790), ff. 442-443.
7 M. Sanfilippo, L'affermazione del cattolicesimo nel Nord America.
Elite, emigranti e chiesa cattolica negli Stati Uniti e in Canada,
1750-1920, Viterbo, Sette Città, 2003.
8 Alla scoperta di tale rivendicazioni non è estraneo il viaggio del
futuro Pio IX in Cile nel 1824-1825: G. Martina, Pio IX, I, Roma,
Università Gregoriana Editrice, 1974; C. Falconi, Il giovane Mastai.
Il futuro Pio IX dall’infanzia a Senigallia alla Roma della
Restaurazione 1792-1827, Milano, Rusconi, 1981, cap. XIX; C.
Cattarulla, La prima missione apostolica vaticana in America Latina.
Le fonti storiografiche e il "caso Sallusti", "Praz", 2 (1994), pp.
33-44.
9 Emigrazione europee e popolo brasiliano, a cura di G. Rosoli, Roma,
Centro Studi Emigrazione, 1987; L’Italia nella società argentina, a
cura di Id. e F. J. Devoto, Roma, Centro Studi Emigrazione, 1988; F.
Baggio, La Chiesa argentina di fronte all’immigrazione italiana tra il
1870 e il 1915, Roma, Istituto Storico Scalabriniano, 2000; F.J.
Devoto, Historia de la inmigración en la Argentina, Buenos Aires,
Editorial Sudamericana, 2003.
10 G. Pizzorusso, Grassi, Giovanni Antonio, in Dizionario Biografico
degli Italiani, vol. 58, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana,
2002, pp. 625-628.
11 G.A. Grassi, Notizie varie sullo stato presente della Repubblica
degli Stati Uniti scritte al principio del 1818 dal Padre Giovanni
Grassi della Compagnia di Gesù, Roma, presso Luigi Perego Salvioni,
1818 (poi Milano, per Giovanni Silvestri, 1819 e infine Torino,
Tipografia Chirio e Mira, 1822).
12 Archivio Segreto Vaticano (d’ora in poi ASV), Segr. Stato,
1837-1841, busta 453, fasc. 1, e 1847, rubr. 7, fasc. 1; ibid.,
Nunziatura di Brasile, fasc. 110. La situazione diviene ancora più
complicata con la prima guerra di indipendenza italiana, quando alcuni
esuli si offrono di difendere la Roma di Pio IX: cfr. Biblioteca
Corsiniana, Carte Cuneo, b. 1, fasc. 13, corrispondenza relativa alla
Legione Italiana di Montevideo.
13 ASV, Segr. Stato, 1846 e 1847, rubr. 7; Segr. Stato, Spogli dei
Cardinali e degli Officiali di Curia, Bedini, busta 4, fasc. H.;
Nunziatura di Brasile, fasc. 97; Archivio particolare di Pio IX,
oggetti particolari, fasc. 24.
14 ASV, Segr. Stato, Spogli dei Cardinali e degli Officiali di Curia,
Bedini, busta 3, fasc. E.
15 Vari materiali sono disponibili in APF, in particolare nella serie
Congressi.
16 M. Sanfilippo, Tra antipapismo e cattolicesimo: gli echi della
Repubblica romana e i viaggi in Nord America di Gaetano Bedini e
Alessandro Gavazzi (1853-1854), in Gli Americani e la Repubblica
Romana nel 1849, a cura di S. Antonelli, D. Fiorentino e G.
Monsagrati, Roma, Gangemi, 2001, pp. 159-187.
17 ASV, Segr. Stato, 1854, rubr. 251, fascc. 1-2.
18 ASV, Segr. Stato, 1854, rubr. 251, fasc. 1, ff. 9-50 e 51-65. Le
copie conservate a Propaganda sono edite in J.F. Connelly, The Visit
of Archbishop Gaetano Bedini to the United States of America (June,
1853 - February, 1854), Roma, Università Gregoriana, 1960, pp.
190-287.
19 ASV, Segr. Stato, Spogli dei Cardinali e degli Officiali di Curia,
busta 5, fasc. B, Bedini a Fransoni, 12 luglio 1854.
20 ASV, Segr. Stato, Spogli dei Cardinali e degli Officiali di Curia,
busta 4, fasc. H, "Relazione intorno alle cose di Rio de Janeiro",
senza data, non foliata; ASV, Segr. Stato, 1846, rubr. 7, ff. 105-106;
ibid., 1847, rubr. 7, fasc. 3, ff. 3-6 e 20-21.
21 Vedi M.S. Garroni, Archivio Generale della Società per l'Apostolato
Cattolico (Pallottini), in Fonti ecclesiastiche romane per lo studio
dell'emigrazione italiana in Nord America (1642-1922), a cura di G.
Pizzorusso e M. Sanfilippo, “Studi Emigrazione”, 124 (1996), pp.
703-705.
22 Memorie autobiografiche di san Giovanni Bosco, XI (1875), Torino,
SEI, 1930, p. 385.
23 L'Opera di Don Bosco all'estero, "Bollettino Salesiano", XXX, 9
(settembre 1906), pp. 257-263.
24 S. Tramontin, L'Opera dei Congressi e i suoi contatti con gli
italiani all'estero, “Studi Emigrazione”, 115 (1994), pp. 545-550; M.
Sanfilippo, "Masse briache di livore anticlericale": la documentazione
vaticana sul 20 settembre (1870-1922), "Mélanges de l'École Française
de Rome. Italie et Méditerranée", 109, 1 (1997), 139-158, e Le fonti
dell'Archivio Segreto Vaticano, in L'amministrazione comunale di Roma.
Legislazione, fonti archivistiche e documentarie, storiografia, a cura
di M. De Nicolò, Bologna, Il Mulino, 1997, pp. 325-341.
25 G. Pizzorusso e M. Sanfilippo, Inventario delle fonti vaticane per
la storia dell'emigrazione e dei gruppi etnici nel Nord America: il
Canada (1878-1922), “Studi Emigrazione”, 116 (1994), e Fonti
ecclesiastiche romane per la storia dell'emigrazione dell'Europa
centro-orientale nelle Americhe: il caso dei polacchi negli Stati
Uniti, in L'Europa centro-orientale e gli archivi tra età moderna e
contemporanea, a cura di G. Platania, Viterbo, Sette Città, 2003, pp.
397-436; Fonti vaticane per la storia dell'emigrazione e dei gruppi
etnici nel Nord America: gli Stati Uniti (1893-1922), a cura di M.
Sanfilippo, “Studi Emigrazione”, 120 (1995).
26 P.P. Cahensly, Die deutschen Auswanderer und der St. Raphael-Verein,
Frankfurt am Mein, Fösser, 1887, e Der St. Raphaelsverein zum Schutze
katholischer deutscher Auswanderer: Sein Werden, Wirken und Kämpfen
während des 30-jährigen Bestehens, Freiburg im Brisgau,
Caritatsverband, 1900. Cfr. inoltre W. Nathem, Peter Paul Cahensly,
der Gründer des St. Raphaelsvereins zum Schutze katolischer deutscher
Auswanderer: ein Gedenkblatt zu seinem 100. Geburtstag: 1838- 28.
Oktober – 1938, Hamburg, Verlag St. Raphaelsverein, 1938, ed H. Schenk
e V. Mohr, Festvortrag zum 150. Geburtstag Peter Paul Cahenslys;
Mainz, 28. Oktober 1988, Hildesheim, Bernward, 1989. Vedi infine C.J.
Barry, The Catholic Church and German Americans, Milwaukee, Bruce,
1953.
27 APF, Acta, vol. 257 (1887), ff. 507-517: Rapporto sull'emigrazione
italiana con Sommario.
28 M. Francesconi, Giovanni Battista Scalabrini vescovo di Piacenza e
degli emigrati, Roma, Città Nuova, 1985; APF, Congressi, Collegi Vari,
vol. 43, fasc. 5.
29 Per questi e gli altri documenti vaticani, cfr. Chiesa e mobilità
umana. Documenti della Santa Sede dal 1883 al 1983, a cura di G.
Tassello e L. Favero, Roma, CSER, 1983; Graziano Tassello, Enchiridion
della Chiesa per le migrazioni. Documenti magisteriali ed ecumenici
sulla pastorale della mobilità umana (1887-2000), Bologna, EDB, 2001;
A. Paganoni, Valiant Struggles and Benign Neglect. Italians, Church
and Religious Societies in Diaspora, New York, Center for Migration
Studies, 2003.
30 Vedi la documentazione in La società italiana di fronte alle prime
emigrazioni di massa. Il contributo di Mons. Scalabrini e dei suoi
primi collaboratori alla tutela degli emigranti, a cura di A. Perotti,
Brescia, Morcelliana, 1968, e nel più recente E. C. Stibili, What Can
Be Done to Help Them? The Italian Saint Raphael Society, 1887-1923,
New York, Center for Migration Studies, 2003.
31 M.L. Sullivan, Mother Cabrini: Italian Immigrant of the Century,
New York, Centre for Migration Studies, 1992; G. Rosoli, Insieme oltre
le frontiere. Momenti e figure dell'azione della Chiesa tra gli
emigrati italiani nei secoli XIX e XX, Caltanissetta-Roma, Sciascia,
1996, e L’opera della Chiesa a favore degli emigrati nel mondo, in Un
Grande Viaggio. Oltre ... un secolo di emigrazione italiana, a cura di
G. Maffioletti e M. Sanfilippo, Roma, Centro Studi Emigrazione, 2001,
pp. 29-46; M.S. Garroni, C. Mattiello, C. Ricciardi ed E. Vezzosi,
Identità femminile e americanizzazione: l'esperienza delle suore
italiane negli Stati Uniti, in Società italiana delle storiche, Donne
sante. Sante Donne. Esperienza religiosa e storia di genere, Torino,
Rosenberg & Sellier, 1996, pp. 309-334; E. Vezzosi, Cittadine e
mediatrici etniche: le Maestre Pie Filippini negli Stati Uniti, in
Santi, culti, simboli dell'età della secolarizzazione (1815-1915), a
cura di E. Fattorini, Torino, Rosemberg & Sellier, 1997, pp. 495-514;
Mediterranean Religiosity in the United States: Migrating Religions
and their encounters with Other Religions and Cultures, a cura di M.S.
Garroni ed E. Vezzosi, in America and the Mediterranean, a cura di M.
Bacigalupo e P. Castagneto, Torino, Otto Editore, 2003, pp. 199-275.
32 Scalabrini tra vecchio e nuovo mondo, a cura di Gianfausto Rosoli,
Roma, Centro Studi Emigrazione, 1989.
33 La polemica è ricostruita da M. Francesconi, Giovanni Battista
Scalabrini, cit., ma si veda anche Scalabrini e le migrazioni moderne.
Scritti e carteggi, a cura di Silvano M. Tomasi - Gianfausto Rosoli,
Torino, SEI, 1997.
34 M. Francesconi, Un progetto di mons. Scalabrini per l'assistenza
religiosa agli emigranti di tutte le nazionalità, “Studi Emigrazione”,
25-26 (1972), pp. 185-203.
35 C. Bellò, La fondazione dell'Opera di assistenza agli operai
italiani emigrati in Europa e nel Levante (1900), "Bullettino
dell'Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in
Italia", 1 (1966), pp. 60-68. Per i rapporti con Scalabrini, cfr. i
già citati studi di Rosoli e Carteggio Scalabrini-Bonomelli
(1868-1905), a cura di C. Marcora, Roma, Edizioni Studium, 1983.
36 F. Lampertico, Carteggi e diari 1842-1906, I, a cura di E.
Franzina, Venezia, Marsilio, 1996; Geremia Bonomelli e il suo tempo, a
cura di G. Rosoli, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, 1999.
37 L. Trincia, Emigrazione e diaspora. Chiesa e lavoratori italiani in
Svizzera e in Germania fino alla prima guerra mondiale, Roma, Edizioni
Studium, 1997, e Per la fede, per la patria. I Salesiani e
l'emigrazione italiana in Svizzera fino alla prima guerra mondiale,
Roma, LAS, 2002; A. Perotti, La situation des immigrés italiens dans
le bassin sidérurgique du Luxembourg et de Lorrain avant 1914, “Studi
Emigrazione”, 138 (2000), pp. 377-404.
38 ASV, Archivio Particolare di Pio X, 90, ff. 731-774.
39 G. Rosoli, L'"Italica Gens" per l'assistenza all'emigrazione
italiana d'oltreoceano, 1909-1920, "Il Veltro", XXXIV, 1-2 (1990), pp.
87-100; S.M. Tomasi, Fede e patria: the "Italica Gens" in the United
States and Canada, 1908-1936. Notes for the history of an emigration
association, “Studi Emigrazione”, 103 (1991), pp. 319-340.
40 Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, S.
Uffizio, Rerum Variarum, 1901, nr. 49.
41 Il materiale confluisce in un ampio dossier del 1914: ASV, Segr.
Stato, 1914, rubr. 18, fascc. 3-11.
42 Acta Apostolicae Sedis, 1911, pp. 513-515.
43 M. Sanfilippo, "Socialismus radicem fixit in dioecesi": i
socialisti e le associazioni operaie nei rapporti dei vescovi canadesi
e statunitensi alla Santa Sede (1914-1922), "Estudios Migratorios
Latinoamericanos", 44 (2000), pp. 165-186.
44 Acta Apostolicae Sedis, 1912, pp. 526-527.
45 ASV, Archivio Particolare Pio X, busta 100 (settembre 191), ff.
789-795.
46 Cahensly, vedi supra, è membro della camera dei rappresentanti nel
Reich prussiano e uno dei più importanti esponenti del Zentrum
cattolico, presidente della Società S. Raffaele, comandante
dell'ordine di S. Gregorio Magno e cameriere di Sua Santità.
Soprattutto si è impegnato per il sostegno dell’emigrazione cattolica
e la difesa della specificità etno-linguistica dei gruppi d’immigrati,
entrando in conflitto con i vescovi statunitensi e sollevando negli
anni Novanta dell’Ottocento l’allarme della Santa Sede, cfr. M.
Francesconi, Giovanni Battista Scalabrini, cit., pp. 969-974.
47 A. Perotti, Il Pontificio Collegio per l'Emigrazione Italiana
1920-1970, Roma, Pontificio Collegio, 1970.
48 Oltre ai già citati saggi di G. Rosoli, cfr. S.M. Tomasi, Piety and
Power. The Role of Italian Parishes in the New York Metropolitan Area,
New York, Center for Migration Studies, 1975, e P.R. D’Agostino, Rome
in America. Transnational Catholic Ideology from the Risorgimento to
Fascism, Chapel Hill and London, The University of North Carolina
Press, 2004.
49 APF, Congressi, America Centrale, vol. 13 (1841-1844), ff. 267rv,
332r-333v, 363rv, 368rv, 407rv, 413v, 722rv, e vol. 26 (1875), f.
315rv; Nuova Serie, vol. 396 (1906), ff. 52-53.
50 ASV, Fondo Benigni, scatole 50 (7064) e 53 (dossier 8100-8101);
Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e Itineranti, Altre
posizioni, 1220/14.
51 ASV, Archivio della Nunziatura apostolica in Brasile, fascc. 769 e
778.
52 Per il 1914, cfr. ASV, S.C. Concistoriale, Relazioni diocesane:
fasc. 24 (Albany), fasc. 143 (Brooklyn), fasc. 219 (Chicago), fasc.
382 (Hartford).
53 Per il 1920-1921, cfr. ASV, S.C. Concistoriale, Relazioni
diocesane: fasc. 219 (Chicago), fasc. 566 (Newark), fasc. 622
(Filadelfia), fasc. 631 (Filadelfia), fasc. 834 (Syracuse).
54 Vedi, da ultimo, W. Boelhower, L'aureola di Madre Cabrini e
l'ordine simbolico, in Merica. Forme della cultura italoamericana, a
cura di N. Ceramella e G. Massara, Isernia, Cosmo Iannone Editore,
2004, pp. 19-30, e L. Scaraffia, Francesca Cabrini. Tra la terra e il
cielo, Milano, Paoline, 2003.
55 ASV, Archivio Particolare di Pio X, busta 4 (luglio-settembre
1904), ff. 84-85v.
56 ASV, Archivio Particolare di Pio X, busta 6 (dicembre 1904), ff.
466-467. Bressan risponde: "Il S. Padre ringrazia e benedice lei e la
sua opera" (f. 468).
57 ASV, Archivio Particolare di Pio X, busta 13 (luglio 1905), ff.
209-210. Bressan risponde che il Santo Padre si congratula vivamente e
invia la sua benedizione (f. 211).
58 ASV, Archivio Particolare di Pio X, busta 17 (novembre 1905), ff.
156-161.
59 ASV, Archivio Particolare di Pio X, busta 23 (maggio 1906), ff.
634-635.
60 ASV, Archivio Particolare di Pio X, busta 30 (dicembre 1906), ff.
f. 490-491.
61 ASV, Archivio Particolare di Pio X, busta 43 (1907), ff. 212-213
62 La famiglia Cavalcanti si stabilisce in Brasile nel Cinquecento
(http://www.familiacavalcante.com/). Il cardinale (1850-1930) ha
studiato ed è stato ordinato a Roma: ha dunque un duplice legame con
l’Italia. Vedi al proposito la voce biografica su
http://www.fiu.edu/~mirandas/bios-c.htm.
63 ASV, Archivio Particolare di Pio X, busta 50 (luglio 1908), ff.
309-311.
64 Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, S.
Uffizio, Stanza Storica, Q6-a, Q6-b e Q6-c. Vedi inoltre le relazioni
diocesane di San Antonio, Texas (1915) e Seattle (1920) in ASV, S.C.
Concistoriale. Relationes Dioecesium, fascc. 732 e 791.
65 ASV, Archivio Particolare di Pio X, busta 62 (luglio 1909), ff.
597-601.
66 ASV, Archivio Particolare di Pio X, busta 67 (1909), ff. 619-622
67 ASV, Archivio Particolare di Pio X, busta 75 (agosto 1910), ff.
158-162.
68 ASV, Archivio Particolare di Pio X, busta 88 (settembre 1911), ff.
110-114.
69 ASV, Archivio della Nunziatura apostolica in America Centrale
(1908-1922), scatola 8, fasc. 32, e scatola 15, fasc. 35: si tratta
della richiesta di un indennizzo al governo del Nicaragua.
70 G. Pizzorusso e M. Sanfilippo, Viaggiatori ed emigranti. Gli
italiani in Nord America, Viterbo Sette Città, 2004.
71 M. Sanfilippo, La Chiesa cattolica, in Storia dell'emigrazione
italiana, II, Arrivi, a cura di P. Bevilacqua, A. De Clementi ed E.
Franzina, Roma, Donzelli, 2002, pp. 481-487.
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